28.1.13

Se potessi avere 30 euro al mese

 
…mi affitterei un orto.
Questa è la quota richiesta per prendere in affitto uno degli orti di circa 75 mq in via Chiodi a Milano. Il contratto dura un anno e ci puoi coltivare quello che vuoi. Niente graduatorie, nessun obbligo di essere pensionati, nessun requisito specifico. Basta la voglia di spendere una cifra ragionevole come questa (1 euro al giorno…) e il desiderio di mangiare ciò che si è visto crescere con i propri occhi.
Dice bene l’architetto Cristofani, ideatore di questa iniziativa a Milano, “non si può pensare di edificare ovunque”. E se lo dice un architetto, figuriamoci cosa ne pensa un agronomo…
Claudio Cristofani aveva un certo capitale a disposizione per un investimento e ha deciso di condividerlo con i cittadini, andando incontro ad un’esigenza realmente in crescita (qui una bella intervista). Lo dimostrano le tante persone in lista di attesa per prenotarsi un piccolo pezzo di terra, ben servita e organizzata, con lo scopo di crescervi il cibo da portare sulle proprie tavole e di investire più tempo attivamente all’aria aperta, in barba all’ufficio, alla palestra o all’abitacolo dell’auto, che in certi casi diventa la “stanza” più frequentata.
E’ un’ulteriore conferma del fatto che ci si sta finalmente rendendo conto di quanto sia pessima la qualità di un prodotto agricolo medio derivante da una gestione di larga scala, schiava dell’utilizzo di strumenti e prodotti derivati più o meno direttamente dal petrolio. Quindi largo all’autoproduzione come massima espressione di dignità! E, aggiungo io, viva il piccolo e fidato contadino, un amico fuori città.
La cosa che più mi affascina è che gli orti urbani vengono definiti “diffusi”, come a dare un indizio sulle dimensioni di un movimento che sta prendendo piede, dall’arte all’agricoltura, dall’economia all’istruzione (qui parliamo di Scuola Diffusa). Un bisogno di dislocare quelle che sono le nostre abitudini, di non ragionare più a comparti stagni. E’ una delle poche parole che mi fanno ben sperare per un futuro. Ogni volta che la sento, avverto come un formicolio che proviene da fuori casa, da fuori città. Una voglia di partecipare ad un cambiamento.
Magari mi sto soltanto facendo dei viaggi e gli orti diffusi hanno successo solo perché “vanno di moda”, come si dice. Come quando in associazione agricoltori trovi l’incompetente di turno che ti dice che l’agricoltura biologica è solo una moda e che passerà.
Impossibile. Tornare indietro sarebbe come zapparsi un piede! L’agricoltura biologica è stata solo l’inizio.
Dunque bravo architetto Cristofani, che a quanto pare non si fermerà qui e cercherà da una parte di ripetere l’esperienza in altri quartieri della sua città, dall’altra di ottenere l’inserimento del verde privato funzionale all’interno del Piano Regolatore del Comune di Milano.
Il prossimo passo, oltre a trarre spunto da ciò che ha fatto Cristofani, potrebbe essere ad esempio piantumare aree boschive su terreno privato strappato all’edilizia, affittarle per la manutenzione ordinaria e per la raccolta autonoma della legna in modo da produrre combustibile per stufe che ci permetterebbero di riscaldarci perfettamente e di limitare l’arricchimento dei fornitori di gas.
Pessima idea? Si può fare di meglio? Coraggio, dite la vostra.

(Laura)

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