Questa è la quota richiesta per prendere in affitto uno
degli orti di circa 75 mq in via Chiodi a Milano. Il contratto dura un anno e
ci puoi coltivare quello che vuoi. Niente graduatorie, nessun obbligo di essere
pensionati, nessun requisito specifico. Basta la voglia di spendere una cifra
ragionevole come questa (1 euro al giorno…) e il desiderio di mangiare ciò che
si è visto crescere con i propri occhi.
Dice bene l’architetto
Cristofani, ideatore di questa iniziativa a Milano, “non si può pensare di
edificare ovunque”. E se lo dice un architetto, figuriamoci cosa ne pensa un
agronomo…
E’ un’ulteriore conferma del fatto che ci si sta finalmente
rendendo conto di quanto sia pessima la qualità di un prodotto agricolo medio
derivante da una gestione di larga scala, schiava dell’utilizzo di strumenti e
prodotti derivati più o meno direttamente dal petrolio. Quindi largo
all’autoproduzione come massima espressione di dignità! E, aggiungo io, viva il
piccolo e fidato contadino, un amico fuori città.
La cosa che più mi affascina è che gli orti urbani vengono
definiti “diffusi”, come a dare un indizio sulle dimensioni di un movimento che
sta prendendo piede, dall’arte all’agricoltura, dall’economia all’istruzione
(qui parliamo di Scuola
Diffusa). Un bisogno di dislocare quelle che sono le nostre abitudini, di
non ragionare più a comparti stagni. E’ una delle poche parole che mi fanno ben
sperare per un futuro. Ogni volta che la sento, avverto come un formicolio che
proviene da fuori casa, da fuori città. Una voglia di partecipare ad un
cambiamento.
Magari mi sto soltanto facendo dei viaggi e gli orti diffusi
hanno successo solo perché “vanno di moda”, come si dice. Come quando in
associazione agricoltori trovi l’incompetente di turno che ti dice che l’agricoltura
biologica è solo una moda e che passerà.
Impossibile. Tornare indietro sarebbe come zapparsi un
piede! L’agricoltura biologica è stata solo l’inizio.
Dunque bravo architetto Cristofani, che a quanto pare non si
fermerà qui e cercherà da una parte di ripetere l’esperienza in altri quartieri
della sua città, dall’altra di ottenere l’inserimento del verde privato
funzionale all’interno del Piano Regolatore del Comune di Milano.
Il prossimo passo, oltre a trarre spunto da ciò che ha fatto
Cristofani, potrebbe essere ad esempio piantumare aree boschive su terreno
privato strappato all’edilizia, affittarle per la manutenzione ordinaria e per
la raccolta autonoma della legna in modo da produrre combustibile per stufe che
ci permetterebbero di riscaldarci perfettamente e di limitare l’arricchimento
dei fornitori di gas.
Pessima idea? Si può fare di meglio? Coraggio, dite la
vostra.
(Laura)
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